Cos’è e come funziona il saturimetro

Nella guida di oggi scopriremo insieme cos’è il saturimetro, come funziona e per quale motivo si rende così utile. Sono davvero pochi i dispositivi medici ad uso domestico che possono essere definiti realmente professionali, oltre che indispensabili, e i saturimetri entrano di diritto in questa lista.

Si parla infatti di dispositivi tanto semplici quanto utili, visto che vengono essenzialmente progettati per due scopi: dare delle indicazioni di tipo preliminare sulla saturazione di ossigeno dell’emoglobina nel flusso sanguigno, e sulla frequenza cardiaca di chi li utilizza. Vediamo dunque di approfondire questo tema.

Cos’è il saturimetro

Conosciuto anche come ossimetro o pulsossimetro, questo dispositivo è molto piccolo e facile da usare, in quanto del tutto automatico. Fra le altre cose, il suo utilizzo non causa alcun tipo di dolore né fastidio, dato che la tecnica usata per la misurazione dei valori sopraelencati non è invasiva. Proprio per questo motivo, i saturimetri possono essere usati da tutti, compresi i bimbi e gli anziani.

Da sottolineare che, come accennato poco sopra, ci si trova di fronte ad un autentico dispositivo medico, fino ad alcuni anni fa sfruttato solo presso le cliniche, ma oggi disponibile anche per un uso domestico.

Componenti principali

Per capire esattamente cos’è e come funziona, dobbiamo per prima cosa descrivere quali sono le componenti principali del pulsossimetro. Questo dispositivo, nella fattispecie, viene composto da due semplici elementi: una sonda e un’unità di calcolo. Qui di seguito verranno approfonditi entrambi.

1. Pinza con sonda

Si tratta di una pinza che ospita al suo interno un sensore: quest’ultimo ha il compito di entrare in contatto con l’epidermide da analizzare. È simile ad una molletta, e di solito lo si usa per “pinzare” il dito di una mano, in prossimità del pollice. In alternativa, la pinza del saturimetro può essere utilizzata anche sui lobi delle orecchie, come nel caso di soggetti più sensibili come le persone anziane e i bimbi. Infine, nei neonati la pinza viene sempre applicata sul piede.

2. Unità di elaborazione dati

La seconda componente è l’unità di calcolo, che ha appunto il compito di elaborare i dati comunicati in tempo reale dalla sonda, quando questa entra a contatto con la pelle del paziente. Poi, dopo la rilevazione, l’unità in questione rende visibili i dati su schermo, trasmettendoli al piccolo display situato sul dispositivo. Bisogna specificare che nei saturimetri moderni queste 2 componenti (3, comprendendo il monitor) vengono integrate in un’unica struttura, molto piccola, con dimensioni di poco superiori ad un ditale.

Come funziona questo strumento?

È importante dedicare un approfondimento al funzionamento dei saturimetri, dunque facendo un accenno al principio della spettrofotometria. Volendo riassumere il concetto in parole semplici, sulla faccia interna di una pinza si trovano due diodi, che hanno il compito di emettere dei fasci di luce su 2 lunghezze d’onda (infrarossi e luce rossa). Questi raggi attraversano l’epidermide e gli organi interni, finendo per colpire un rilevatore, che invece si trova sulla faccia interna della seconda pinza.

Nel mentre, le radiazioni emesse dai 2 diodi verranno assorbite sia dall’emoglobina legata all’ossigeno, sia da quella non legata. Siccome la luce rossa tende ad unirsi all’emoglobina del secondo tipo, e quella infrarossa all’emoglobina del primo tipo, ecco che la differenza riesce a produrre dei dati molto utili per il sensore. Il rilevatore, infatti, una volta raccolti i dati saprà come tradurli e, trasmettendoli al display, permetterà all’utente di leggerli e di comprenderli.

Infine, è giusto specificare che le modalità d’utilizzo del pulsossimetro possono cambiare, a seconda del modello e delle scelte della casa produttrice. In certi ossimetri, ad esempio, bisogna prima posizionare il dito dentro la sonda e solo in seguito accendere il dispositivo. In altri, invece, avviene l’esatto contrario. È chiaro che si tratta comunque di differenze poco importanti o del tutto irrilevanti: basta infatti consultare il libretto d’istruzioni, e seguire alla lettera le indicazioni del produttore.

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Tipologie di saturimetri

Siccome gli anni passano e le tecnologie si evolvono, oggi possiamo reperire sul mercato diverse tipologie di saturimetro, che possono ad esempio variare in base alla forma o alla struttura. Il primo è il classico strumento da dito, mentre il secondo è il pulsossimetro che va applicato al polso. C’è anche una terza tipologia, tecnologicamente all’avanguardia.

1. Ossimetro da dito

È la tipologia più tradizionale in assoluto, oggi quasi miniaturizzata, che integra nello stesso corpo in plastica la sonda, l’unità di calcolo e il piccolo display per la consultazione dei dati.

Come si usa? È facilissimo: per prima cosa bisogna accenderlo premendo l’apposito pulsante, e in seguito spingere il dito all’interno dell’alloggiamento, facendogli raggiungere il fondo.

Una volta fatto ciò, bisogna dare il tempo all’unità di calcolo per poter verificare i dati. A quel punto il piccolo computer di bordo trasmetterà sul display i valori relativi alla saturazione dell’ossigeno (%SpO2) e alle frequenze cardiache (PRbpm).

Prima di procedere oltre, ci sono un paio di precisazioni importanti da fare: intanto la misurazione dei due valori non può essere fatta allo stesso momento, e in secondo luogo i display sono progettati per facilitare la lettura dei dati, così da andare incontro alle necessità delle persone anziane.

2. Ossimetro da polso

Il pulsossimetro da polso è una versione più avanzata rispetto al semplice ossimetro da dito, e non a caso si parla di una tipologia molto apprezzata dagli appassionati di sport. La logica di fondo è tutto sommato la stessa, così come i compiti svolti dal dispositivo: in sintesi, anche la versione da polso serve per misurare il battito cardiaco e la saturazione di ossigeno dell’emoglobina.

Al contrario del modello da dito, però, questo prodotto è indossabile, dunque vuol dire che chi pratica sport può tenerlo tranquillamente collegato.

Come funziona? È presto detto: il saturimetro è composto da un braccialetto simile ad un orologio, che va appunto indossato al polso, e dal classico ditale dotato di sensore, dentro al quale inserire il dito.

Certe versioni moderne sono dotate di un anello al posto del ditale, che va stretto all’inizio del pollice, ma che svolge il medesimo ruolo. Le due componenti del pulsossimetro sono sempre collegate da un filo, mentre nei dispositivi di fascia alta (i più costosi) puoi trovare anche un modulo Bluetooth integrato nel prodotto. In sintesi, hai la possibilità di monitorare i dati rilevati connettendo al braccialetto il tuo smartphone.

3. Puls-CO-Ossimetro

Questa è l’ultima novità lanciata sul mercato dalle case produttrici di ossimetri, e si tratta di un dispositivo in grado di misurare anche i livelli di SpCO (carbossiemoglobina) e di SpMET (metaemoglobina). Oltre a svolgere le sue canoniche rilevazioni, questo prodotto può essere usato pure per verificare se negli ambienti domestici sono presenti tracce di monossido di carbonio. Tutto ciò avviene per merito di un computer di bordo più avanzato, che riesce ad emettere diverse lunghezze d’onda: nello specifico, più di due, che poi sarebbe il valore standard dei classici saturimetri da polso o da dito.

A cosa serve il saturimetro?

Per quale motivo dovresti comprare uno strumento in grado di misurare la saturazione dell’ossigeno e la frequenza cardiaca? Essenzialmente per ottenere delle informazioni preliminari su alcune funzionalità cruciali per la salute del corpo umano, come quella respiratoria e quella cardiaca. Ricorda, però, che questo strumento non è capace di effettuare delle misurazioni approfondite, dato che si limita ad un’analisi superficiale.

Di conseguenza, per ottenere dei valori esatti e realmente affidabili, l’unico modo è effettuare un esame più invasivo come l’emogasanalisi.

Di contro, il prodotto in questione sa come rivelarsi utile anche se non può fornire dei valori dettagliati. Nello specifico, ti conviene tenerne sempre uno a casa per monitorare le funzionalità respiratorie e del cuore, senza per questo doverti recare personalmente in clinica.

Comunicando i dati in questione al tuo medico di fiducia, sarà poi lui a darti delle indicazioni più precise, nel caso dovessero servire degli esami più approfonditi.

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